mercoledì 1 aprile 2015

Siamo in Terza Guerra Mondiale (anche se non lo sappiamo)

Siamo in guerra, nella Terza Guerra Mondiale.
Lo so: sembra una battuta, o quantomeno un’esagerazione. Ma è così.
Il motivo per cui in Italia non ce ne accorgiamo è perché questa guerra si sta combattendo anche e soprattutto con mezzi e con armi assolutamente inediti.
E anche perché ci aspetteremmo che una guerra mondiale oggi venga combattuta con gli armamenti nucleari, cosa che non sta avvenendo, almeno finora (anche se ci sono dei segnali inquietanti che gli Stati Uniti vogliano attaccare la Russia con ordigni nucleari).

Comunque, che la Terza Guerra Mondiale sia già scoppiata l’ha detto anche un autorevole personaggio pubblico, assai distante dalle mie opinioni.
Chi mi conosce sa che io, oltre ad essere ateo, non ho mai avuto troppa simpatia verso i papi in genere. Ma so anche che un papa è di solito molto ben informato sulle vicende del mondo e che non parla a casaccio. E Papa Francesco ha detto un mesetto fa che la Terza Guerra Mondiale è già iniziata e si sta combattendo “a pezzetti”.

Ma con quali mezzi si sta combattendo questa guerra?
Intanto anche con armi tradizionali.
Già l’invasione dell’Afghanistan (dove è stata realizzata la più grande base militare USA, non a caso nel cuore del Continente Asiatico, tra la Russia, la Cina, l’India e l’Iran) e quella dell’Iraq hanno rappresentato dei “preparativi” per questo conflitto.

Ma l’accelerazione è avvenuta negli ultimi 4 anni, complice anche la crisi economica capitalistica.
Prima la guerra alla Libia di Gheddafi condotta direttamente dalla NATO a suon di bombardamenti e indirettamente, tramite le milizie estremiste islamiche (sostenute e finanziate dall’Occidente). Poi la guerra alla Siria –sostanzialmente persa- condotta indirettamente, tramite i “ribelli siriani” (in gran parte mercenari stranieri -tra cui la famigerata Isis- appoggiati sempre dall’Occidente) e per poco non direttamente dalla NATO anche quella (dato che si opposero la Russia e la Cina).
Discorso simile per quanto riguarda l’Ucraina, dove un colpo di Stato (neanche a dirlo, anche questo appoggiato sfacciatamente dagli europei e ancor di più dagli americani) ha scatenato violenze e conflitti interni, sfociando in una vera e propria guerra nelle zone orientali (ora si è raggiunta una tregua, grazie a Russia, Germania e Francia; ma quanto durerà, considerando che gli USA scalpitano per proseguire ed aggravare il conflitto?).

Nell’ultima settimana, poi, è scoppiata un’altra guerra “convenzionale”, quella nello Yemen. L’Arabia Saudita –a capo di una coalizione di Stati arabi- sta attaccando e bombardando i ribelli yemeniti, i quali nei mesi scorsi sono riusciti a prendere il controllo di quasi tutto il paese e a cacciare vie l’ex dittatore Hadi.
Nonostante in Italia quest’ultimo conflitto abbia poca risonanza, non si tratta di una guerra locale e per almeno 2 motivi: primo, perché lo Yemen si trova geograficamente in una zona strategica, all’imbocco del Mar Rosso (quello che conduce al Canale di Suez, per intenderci), con tutto quello che ne consegue, in termini di flussi commerciali, soprattutto petroliferi, e secondo perché l’Arabia saudita è da sempre alleato strategico degli Stati Uniti e di Israele e agisce (anche) per conto loro. Non a caso gli yankees appoggiano quest’intervento.

E come se tutto ciò non bastasse, gli Stati Uniti hanno recentemente minacciato un intervento militare pure nel Venezuela bolivariano, rischiando, così, di aprire un ulteriore fronte di guerra anche in America Latina, nel loro (ex) cortile di casa.

 

Ma, come già accennato, oltre alle guerre “convenzionali” oggi esistono anche guerre combattute con altri mezzi, solo in apparenza meno letali. E anche lì siamo in piena guerra mondiale.

Esiste, intanto, la guerra mediatica (o psicologica) –sulla quale non mi dilungo, perché richiederebbe un articolo a parte- ma che è sostanzialmente propedeutica al conflitto vero e proprio, dato che consiste nel far accettare alla popolazione l’idea dell’assoluta e urgente necessità dell’intervento militare.

Poi c’è la guerra commerciale, ossia, le “sanzioni economiche”, che sono un po’ la versione moderna degli assedi medievali alle città, dato che l’obbiettivo è quello di “affamare” lo Stato vittima, privandolo di risorse energetiche, alimentari, sanitarie, ecc. indispensabili per quel paese e per la sua popolazione.
E’ stato il caso di Cuba, colpito dall’embargo americano per decenni. Poi dell’Iraq di Saddam Hussein (il cui embargo ha causato centinaia di migliaia di morti, soprattutto bambini).
Ora gli Stati Uniti stanno sanzionando anche il Venezuela e soprattutto la Russia (vittima di sanzioni UE e soprattutto USA; le quali sanzioni, però, si stanno ritorcendo, come prevedibile, pesantemente anche su Germania, Francia e sulla stessa Italia).

E poi esiste anche la guerra terroristica.
L’attentato terrorista è in molti casi una vera e propria arma di guerra. Ed è particolarmente letale, non solo e non tanto per i danni e le morti concrete che provoca, quanto per le conseguenze sull’opinione pubblica e sulle decisioni politiche.

L’attentato terrorista presenta, infatti, un enorme vantaggio per chi lo decide e organizza (gli esecutori materiali contano poco, dato che sono quasi sempre dei burattini manovrati, spesso inconsapevolmente): il vantaggio che per il grosso dell’opinione pubblica, e quindi per la popolazione vittima, è difficilissimo capire chi sono i veri autori di questo.
Viceversa, i politici ad alto livello (capi di Stato, ma anche di partiti, ecc.) di solito sanno benissimo chi è che decide tali attentati e i veri motivi di questi. Solo che il più delle volte sono impossibilitati a rivelarlo pubblicamente, per diversi motivi (a partire dal fatto che, non avendone le prove, rischierebbero di esporsi a brutte figure e di apparire poco credibili).

Dunque, gli attentati terroristici (tipo quello recente di Parigi, alla Charlie Hebdo, ma anche quello di Copenhagen, quello di Tunisi e forse perfino lo stranissimo “incidente” aereo della GermanWings) possono avere quantomeno due funzioni: quello di spostare l’opinione pubblica di uno o più paesi in una determinata direzione, sfruttando il fatto che essa non ha modo di sapere chi è il vero autore di questi e/o quello di inviare un messaggio “in codice” (di solito una minaccia) ai vertici politici di determinati Stati o partiti (il cui senso è “se non fate come vogliamo, vi colpiamo molto duramente”).

 

Finora l’unica “arma” di queste che è stata utilizzata in Italia è stata quella mass-mediatica (in modo particolare la campagna anti-islamica e quella anti-russa, entrambe pienamente funzionali agli appetiti guerrafondai americani), e, direi, anche con grande successo.
Ma occhio, che altre armi sono in agguato e potrebbero colpirci assai presto!

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